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L’ipoteca a tasso fisso è una di tre diverse forme ipotecarie. Il tasso d’interesse viene fissato a priori per un periodo di tempo prestabilito, compreso tra due e vent’anni. Queste condizioni fisse, senza diritto di disdetta, offrono sia ai titolari di ipoteca che agli offerenti un’elevata sicurezza nella pianificazione. I tassi mensili rimangono costanti per l’intera durata – indipendentemente dalle oscillazioni sul mercato degli interessi. Un grande vantaggio consiste nel fatto che l’ipoteca a tasso fisso tutela da un eventuale rialzo dei tassi.
Nel concedere un’ipoteca al proprietario di un immobile, il finanziatore si accolla il rischio di insolvenza del contraente, per cui esige una somma di denaro in cambio della garanzia prestata. In questo caso, quindi, la solvibilità del mutuatario riveste una certa importanza nella definizione del prezzo. A ciò si aggiungono i costi di rifinanziamento che l’istituto deve sostenere per recuperare il capitale necessario, che può essere costituito dai risparmi della clientela o da fondi del mercato dei capitali, soggetti alle oscillazioni del mercato. Maggiore è la durata di un’ipoteca, più elevati sono i rischi legati ai tassi d’interesse sul mercato e quindi maggiore è l’importo che l’istituto esige per la relativa copertura. In più a determinare il tasso d’interesse per un’ipoteca a tasso fisso concorrono le spese amministrative e il margine di utile.
Nel caso dell’ipoteca a tasso fisso sono principalmente due le condizioni da soddisfare. L’anticipo rappresenta il rapporto tra il credito ipotecario e il valore dell’immobile, determinato dal creditore. Di norma le banche finanziano con un’ipoteca fino all’80% del valore dell’immobile. Occorre inoltre soddisfare i criteri di sostenibilità. In altre parole, il reddito deve superare di tre volte gli oneri degli interessi (in genere calcolati al 5%), i costi di manutenzione (pari a circa l’1% del valore dell’immobile) ed eventuali rate di ammortamento.